- Yoga? Carino, ma non fa per me: troppo soft, troppo hippie… -
Alzi la mano chi non ha mai sentito – o dato – giudizi simili a proposito dello Yoga. Io stessa l’ho sempre ritenuto una disciplina “leggera”, eccessivamente legata alla meditazione… la versione fricchettona della ginnastica dolce, per intenderci!
Ho iniziato a praticare regolarmente Yoga durante i primi mesi della gravidanza. Non nascondo che per me, abituata a seguire allenamenti funzionali in palestra due volte la settimana, il solo pensiero di dedicarmi esclusivamente allo Yoga per 9 mesi mi faceva sbadigliare. Avevo già frequentato qualche sessione di Hatha Vinyasa e Ashtanga ma le consideravo un extra, che non potevano sostituire l’attività fisica tout court. Ma sollevare kettlebell e saltare la corda erano vietatissimi dal medico, e ho dovuto adattarmi alla nuova condizione.
Cristina dal canto suo non mi ha fatto rimpiangere per un attimo la scelta fatta: pur adottando tutte le dovute precauzioni aveva sempre pronto un asana per spingermi oltre la comfort zone, ad allungare le catene posteriori e rilassare le spalle. Nell’Hatha Vinyasa, così come nell’Ashtanga, sono presenti asana che vanno a lavorare su tutto il corpo, dalle vertebre cervicali alle dita dei piedi: il lavoro, seppur intenso, è commisurato alle forze e alle possibilità di ciascun praticante. L’ideale per una donna incinta, che può scegliere le opportune varianti delle singole asana senza per questo rinunciare a una pratica efficace. Molte posizioni inoltre vanno a lavorare su parti del corpo di cui, fino al momento della gravidanza, si ignora l’utilità (a cosa serve allenare il pavimento pelvico? E perché è importante aprire le anche?), ma che saranno fondamentali al momento del parto e dopo.
La pratica costante durante tutta la gravidanza ha portato innumerevoli benefici: sessione dopo sessione ho notato un crescente miglioramento nella flessibilità di tutto il corpo, nonostante la pancia fosse sempre più ingombrante. I più comuni disturbi della gravidanza – mal di schiena, infiammazione del nervo sciatico, crampi alle gambe – non si sono quasi mai presentati, e quando lo facevano bastavano pochi minuti di pratica individuale per far passare il fastidio. Perfino verso la fine dell’ottavo mese, durante un weekend in Svizzera dove camminavamo per più di 8 chilometri al giorno, era sufficiente praticare Pavanmuktasana per qualche respiro a fine giornata per rilassare completamente la zona lombare.
Inoltre la pratica yogica costituisce un’ottima forma di esercizio fisico, ideale durante la gravidanza per mantenersi attive ed evitare di trascorrere 9 mesi spiaggiate sul divano con una busta di patatine in mano. Sarà più blanda di un allenamento di Crossfit, ma il lavoro isometrico su cui si basa si ritrova in molti esercizi proposti in palestra: Utthita Chaturanga Dandasana, detta anche “Posizione della Panca” non è altro che il plank inserito in numerosi allenamenti. Per non parlare degli innumerevoli Saluti al Sole che nell’ Ashtanga scandiscono il passaggio da un asana all’ altro.
Strettamente legato al benessere fisico c’è quello mentale. Se ritagliare un momento da dedicare a se stessi è consigliabile a chiunque, in gravidanza riuscire a staccare dall’infinita lista di cose da fare – dal lavoro alle visite mediche e pratiche burocratiche – diventa fondamentale. In un momento così delicato dal punto di vista emotivo – gli ormoni in circolo riescono a destabilizzare anche la donna più tranquilla e rilassata – praticare Yoga mi ha aiutato a riportare un certo equilibrio. Ansie e preoccupazioni scomparivano appena iniziava la pratica: le uniche cose che esistevano in quell’ ora erano il tappetino, il mio respiro e il piccolo dentro il pancione. Piccolo che non mancava di manifestare il proprio entusiasmo, scalciando e sgambettando per tutto il rilassamento e durante le posizioni capovolte.
I benefici della pratica si sono mantenuti anche dopo la nascita del bambino. Riprendere le sessioni di Yoga appena avuto il via libera dal medico – e la disponibilità dai nonni! – mi ha aiutato a rientrare nella routine quotidiana e al tempo stesso a liberarmi dagli “effetti collaterali” che la nascita di un figlio comporta. Spalle contratte, schiena bloccata, male al collo: poco per volta le tensioni si sono allentate e la muscolatura si è rinforzata. E nei momenti più complicati, quando l’emotività rischia di prendere il sopravvento, praticare il respiro yogico mi ha aiutato a razionalizzare e vedere le situazioni in prospettiva.
E il bambino? mi chiederete voi. Il bambino è nato a febbraio, è meraviglioso e sorride sempre. C’è chi dice che sia merito di tutto lo Yoga praticato in gravidanza…
– Margherita Nebbia; allieva
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